(CAVALIERI MARVEL)
N° 77
L’ISOLA DELL’INGIUSTIZIA
Di Carlo Monni
1.
In un bungalow di Isla Suerte,
un’isola-stato dei Caraibi, una giovane e molto attraente donna dai capelli
neri tagliati corti che indossa solo un ridottissimo bikini ed un paio di
sandali sorseggia tranquilla un cocktail e poi si rivolge all’uomo dai capelli
castani e gli occhi grigi seduto davanti a lei:
-E così tu saresti
il famoso Paladin.-
-Così mi chiamano,
ma tu puoi chiamarmi Paul, Ariel.- replica lui posando il bicchiere sul tavolo.
-Paul…- la ragazza
ripete il nome come se stesse assaporandolo -Ti dispiace ripetermi cosa vuoi da
me… Paul?-
-È molto semplice:
ieri notte qualcuno ha cercato di uccidermi…[1]
qualcuno che indossava un costume simile a quello di Mister Fear.-
-L’ultimo Mister
Fear era mio padre e io l’ho ucciso… o almeno credo di averlo fatto: l’ho
spinto nell’Hudson ma non hanno ritrovato il suo corpo.[2]
Un inconveniente alquanto seccante.-
-Lo ammetti con
molta tranquillità.-
-Potrei gridarlo
nella piazza principale della capitale di questo sputo di nazione e non mi
accadrebbe niente. È il lato oscuro di quest’isola: da un lato gli hotel
scintillanti, i casinò, le banche e i turisti e dall’altro i criminali
espatriati che si godono una pensione d’oro e un rifugio sicuro dalla giustizia
del loro paese. La chiamano la Cuba del Terzo Millennio. Alludono a quello che
era Cuba prima dei Castro. Roba che risale a prima che noi due nascessimo...
sicuramente a prima che nascessi io.-
-Nemmeno io sono
così vecchio. Ma ora veniamo agli affari: non mi piace che cerchino di uccidere
me ed i miei amici, specie quando mi sto godendo
una meritata vacanza. Voglio stanare questo pseudo Mr. Fear e vorrei che tu mi
aiutassi.-
-E che ci guadagno
nel farlo?-
-Magari la mia
garanzia che non t’impacchetterò per bene per riportarti negli Stati Uniti dove
a te attendono numerose accuse statali e federali e a me la taglia sulla tua
testa.-
La ragazza di nome Ariel Tremmore stringe
il suo bicchiere come se volesse spezzarlo.
-E chi ti dice che
ne saresti capace?- replica fredda -Ho incontrato altri uomini che si credevano
molto in gamba e li ho ridotti a piagnucolare come bambini ai miei piedi. Per questo
mi chiamano Shock.-.
-Puoi mettermi alla
prova.- ribatte con aria serafica Paladin -Io preferisco un accordo vantaggioso
per entrambi e sono convinto che lo troveremo.
Ad un tavolo non molto distante un
uomo dai capelli e baffetti neri li osserva con interesse.
La ragazza bionda dal corto vestito
nero paga il conto di un cocktail che negli Stati Uniti non sarebbe nemmeno
stata autorizzata ad ordinare e si alza. Se è consapevole degli sguardi che si
fissano su di lei mentre si allontana, non lo dà a vedere.
Trovare il suo bersaglio, il boss
criminale latitante di nome Philippe Bazin, è stato meno difficile del
previsto: si può dire che si nasconde in piena vista. Ora deve solo decidere
come ucciderlo.
Ad onta dei suoi 18 anni la ragazza
che si fa chiamare Cigno Nero è una killer che non ha mai sbagliato un colpo e
anche stavolta porterà a termine il contratto.
L’uomo dai capelli e baffetti neri osserva
anche lei e non sono solo le sue curve ad attirare la sua attenzione. Non è una
semplice turista, ne è certo. Deve saperne di più. Contempla la foto appena
scattata dal suo cellulare e sorride.
Sabrina
Morrell è un tenente della Squadra Omicidi del Dipartimento di Polizia di San
Francisco, bella, alta, lunghi capelli neri, lineamenti fini che rivelano
un’ascendenza orientale e con un carattere duro come l’acciaio.
Rientra
a casa dopo una giornata di duro lavoro e dopo aver parcheggiato l’auto in
garage sale verso il suo appartamento. Non fa in tempo ad accendere la luce che
una mano le tappa la bocca ed un’altra le serra la gola.
Vorrebbe
gridare ma dalle sue labbra serrate esce solo un mugolio indistinto. Stupida,
pensa, ti sei fatta sorprendere come una dilettante. Decine di poliziotti e
vicesceriffi circondano la sua casa ed il suo aspirante assassino era già lì ad
aspettarla.
Bree
Morrell non è il tipo da aspettare passivamente di essere uccisa. Tenta di
liberarsi ma nonostante la sua perizia nelle arti marziali non ci riesce ed
intanto il suo nemico stringe di più la sua gola e presto le frantumerà l’osso
ioide.
-Fermo!-
Una voce maschile secca e dura.
L’uomo che sta per strangolare Bree si volge istintivamente verso il punto da
cui proviene e si ritrova avvolto da una cappa d’ombra. Nonostante sia un
guerriero ben addestrato, per lo sconcerto lascia la presa sulla sua preda.
Davanti a lui un volto maschile, o
meglio parte di esso, avvolto dall’ombra.
-Tu che ti proclami
seguace di Kali…- dice l’uomo -… assaggia la giustizia di Sudario.-
La cappa d’ombra si dissolve e
l’uomo si ritrova a mezz’aria accanto ad un pilone del Golden Gate Bridge. Urla
a lungo mentre cade nelle acque della baia.
2.
Africa Occidentale.
La ragazza guarda negli occhi dell’essere davanti a lei: una pantera nera
antropomorfa che dice di essere il messaggero di un fantomatico dio pantera. In
altri tempi e luoghi la ragazza bionda che si chiama Lorna Halliwell avrebbe
trovato incredibile ed inquietante questa situazione ma qui ed oggi le sembra
tutto normale.
Il suo sguardo si fissa su quelle
iridi verdi ed è come se ne venisse attirata all’interno, come se fossero due
pozze d’acqua in cui sprofondare. Il mondo intorno a lei ruota a velocità
sempre più folle e le sembra di cadere per un tempo interminabile, poi la
sensazione passa e la ragazza si guarda intorno e la prima domanda che si fa è:
dove sono? La savana dove si trovava sino a poco prima è stata sostituita da
una lussureggiante jungla e qualcosa avanza tra gli alberi e una voce potente
dice:
-Ragazza della Jungla!-
Davanti
a lei c’è una pantera nera gigantesca ed è stata lei a parlare:
-Il giorno del tuo giudizio è arrivato.-
E
la cosa sembra essere decisamente pericolosa.
Ariel Tremmore ora indossa un paio
di short e una camicetta attillata annodata appena sotto il seno e siede
accavallando le gambe affusolate.
Lo sguardo di
Paladin è decisamente ammirato e quello di Joy Meachum chiaramente corrucciato.
-Alla tua ragazza
non sono simpatica.- dice Ariel serafica.
-Joy è una donna
pratica.- replica, tranquillo Paladin -Una donna d’affari che sa mettere
l’interesse al di sopra dei sentimenti.-
-Davvero? Allora ci
assomigliamo.-
-Nei tuoi sogni.-
ribatte, acida, Joy -Io non sono come te, una criminale.-
-Davvero?- replica
Ariel -Anni fa, quando praticavo una certa antica professione, tuo zio Ward era
uno dei miei migliori clienti e mi hai parlato di quando hai assunto un certo
Davos per far fuori Iron Fist perché credevi che avesse ucciso il tuo
paparino.-
-Cosa?- Joy è
decisamente scossa.
-Non fare quella
faccia, carina. Gli uomini in certi momenti parlano se li sai stimolare,
diciamo così.-
-Signore…-
interviene Paladin -… se non vi dispiace, io tornerei a parlare di affari.-
-Io non vedo
signore in questa stanza… a parte me, s’intende.- ribatte Joy piccata.
Paladin fa un gesto sconsolato, poi
torna a rivolgersi ad Ariel:
-L’uomo che ha
tentato di uccidermi indossava un costume simile a quello di Mister Fear e se
era davvero tuo padre, il solo motivo a cui posso pensare per cui potrebbe
volermi morto è che pensasse che io fossi sulle sue tracce e volessi riscuotere
la taglia. D’altra parte…-
-D’altra parte, se
è davvero mio padre, può essere venuto sin qui sperando di trovare me e questo
potrebbe voler dire che ho bisogno di una guardia del corpo.-
Paladin sogghigna.
-Io sono
un’efficientissima guardia del corpo.- afferma.
-E scommetto che
quel corpo lo guarderesti da vicino… molto da vicino.- commenta Joy.
-So che hai delle
tariffe molto alte, Paladin...- dice Ariel -… ma io posso pagarle.-
-Grazie al bottino
rubato da tuo padre alla Federal Reserve?-[3]
incalza Joy.
-Mi appello al
Quinto Emendamento.- ribatte l’altra ragazza poi si rivolge ancora a Paladin -Non
hai considerato una cosa: Mister Fear è stato impersonato da diverse persone
nel corso degli anni. Il mio prozio Larry e mio padre sono stati gli ultimi
della serie. E se questo fosse uno del tutto nuovo?-
-Allora
improvviserò una nuova strategia, ma sono convinto che verrà a cercarci.
Dobbiamo solo attendere.-
La ragazza bionda entra nel locale e
si dirige al bancone. Senza parere dà un’occhiata in giro con discrezione
finché non individua il suo bersaglio seduto ad un tavolo. Si accorge che lui
l’ha notata e gli rivolge un sorriso. Con un po’ di fortuna sarà lui a fare la
prossima mossa.
-Posso offrirle un
drink, miss?-
La ragazza si volge verso chi ha
parlato e si trova di fronte un uomo dai capelli e baffetti neri di un’età
indefinibile ma sicuramente superiore a trent’anni, un sorriso spaccone e occhi
penetranti. Praticamente la sta spogliando con lo sguardo.
-Mi spiace.-
ribatte -La mamma mi ha raccomandato di non accettare mai nulla dagli
sconosciuti.-
-Oh, a questo si
rimedia subito. Mi chiamo Plunder, Parnival Plunder.-
Plunder, dove ha già sentito questo
nome?
-Io sono Belinda
Swann.- risponde d’istinto.
-Bel nome. Ha mai
pensato di fare la modella? Con il suo fisico avrebbe molto successo. Mi creda,
quando lo dico: ho un certo occhio per queste cose e scommetto che potrei dire
una buona parola per lei alle persone giuste.-
Parnival Plunder, certo. Ora si
ricorda dove ha sentito il suo nome e visto il suo volto; in una vecchia
rivista trovata a casa di Elektra che parlava di un supercriminale inglese che
si faceva chiamare il Saccheggiatore e si era scontrato un paio di volte con
Devil. C’era qualcosa anche su un fratello[4]
ma ora non ricorda bene cosa.
Come se le avesse letto nel pensiero
Plunder le dice:
-Mi ha
riconosciuto? Ne sono lusingato, davvero. Se si sta chiedendo se mi diverto
ancora a fare il pirata, le dirò che al momento mi limito a rilassarmi. Si può
dire che sono in vacanza. È sollevata? O delusa, magari?-
Belinda Swann si limita ad un
sorriso.
-Ho visto che
guardava Philippe Bazin.- continua Plunder -Le piacerebbe conoscerlo? Credo di
poterglielo presentare.-
-Mister Plunder… Parnival…
credo proprio che accetterò il suo drink.-
3.
Si fa chiamare Jack Porter ma non è
il suo vero nome, non del tutto almeno. La sua famiglia è legata all’Africa da
generazioni e ha visto passare il peggio ed il meglio degli esseri umani in
questo continente. I suoi antenati hanno combattuto tribù cannibali, schiavisti
arabi, affaristi senza scrupoli, si sono spinti in territori inesplorati dove
nessun uomo bianco o nero era mai giunto prima. Nulla di tutto questo, però,
l’ha preparato a quello che vede davanti a sé.
-Figlio delle Grandi Scimmie!-
A
parlare è stata una gigantesca pantera nera apparsa davanti a lui praticamente
dal nulla.
-Il giorno del tuo giudizio è arrivato.-
E la cosa sembra preoccupante,
Philippe Bazin squadra la ragazza
seduta davanti a lui. È bella e sa di esserlo, non ne fa mistero, si vede da
come si muove e dal sorriso sfacciato. Gli ricorda l’atteggiamento di sua
figlia Allegra, anche se è decisamente più giovane e ha quei capelli biondi e
la carnagione bianca da nordica.
-Come hai detto che
ti chiami, ragazza?- le chiede.
-Belinda Swann.-
risponde lei -C’è scritto così sul mio passaporto… e c’è anche scritto da
quanto ho superato i 18 anni, se è questo che stava pensando, Monsieur Bazin.-
La sua voce ha un accento strano:
cadenza di New York sovrapposta ad un’altra. Midwest forse? Non sembra certo
una campagnola, però.
-Lascia perdere il
Monsieur.- ribatte -Sono un cittadino americano, anche se in esilio, diciamo.-
si volge verso Parnival Plunder -La tua amichetta sembra avere un caratterino
pepato, Plunder.-
-Mi conosci,
Bazin.- replica l’altro con un sorrisetto -È così che mi piacciono.-
E soprattutto sono curioso di sapere
cosa vuole davvero da te, pensa, anche se credo di averlo intuito.
-Che cosa fa per
vivere una ragazza bella come te?- chiede Bazin alla sua giovane ospite.
-Beh… si può dire
che per pagarmi l’università lavoro nel campo delle pubbliche relazioni.-
risponde lei.
-Questo è molto
interessante.-
Non nel modo che credi tu, pensa la
ragazza il cui vero nome è Nina McCabe, ma presto lo scoprirai.
Bree Morrell non è affatto contenta.
-Quell’uomo ci
serviva vivo!- esclama -Dovrei arrestarti.-
Sudario non si scompone e risponde:
-Non l’ho ucciso, l’ho
solo lasciato altrove. Posso solo presumere che abbia incontrato un fato
adeguato ai crimini che indubbiamente ha commesso.-
-E questo che
vorrebbe dire?- chiede il Comandante Paul Carson, capo dell’unità Codice Blu
della Polizia di San Francisco.
-La giustizia di
Kalì è imperscrutabile.- replica il vigilante incappucciato.
-Me ne frego della
giustizia della tua dea… che peraltro è la stessa in nome della quale quel
fanatico voleva uccidermi.- sbotta Bree -Siamo negli Stati Uniti d’America e la
loro è la sola giustizia a cui rispondo. Dovrei davvero arrestarti.-
-E ammesso che
riesca a provare che ho commesso qualche crimine, come pensa di trattenermi,
Tenente?-
La poliziotta sbuffa riconoscendo lo
stallo in cui si trova. Il suo collega (e tecnicamente suo superiore in grado)
interviene:
-Diamoci una
calmata. Il vero problema è come rintracciare quei cultisti ora che non
possiamo più usare quell’uomo.-
-Io, forse, ho un
modo.- replica enigmaticamente Sudario.
4.
La ragazza dai
capelli neri apre gli occhi e si ritrova davanti una pantera nera di dimensioni
colossali. Mentre fa un istintivo balzo indietro la belva parla:
-Tu, il cui retaggio è nel cuore dell’Africa.-
Jane Mahoney rimane interdetta
mentre la pantera conclude:
-Il giorno del tuo giudizio è arrivato.-
E il verdetto potrebbe non piacerle.
Paladin guarda fuori dalla finestra.
Il vento diventa sempre più forte e la pioggia sempre più intensa. A dispetto
delle previsioni più ottimistiche l’uragano sta per abbattersi sull’isola. Per
fortuna Joy si è fatta convincere ad andare altrove dove potrà trovare un
rifugio migliore. Se non altro sembra improbabile che il suo aspirante
assassino possa colpire proprio adesso a meno che…
-A cosa stai
pensando Paul?-
A parlare è stata Ariel Tremmore in
piedi sulla soglia della camera da letto del bungalow.
-Cosa?- fa lui.
-Va bene che ti
chiami Paul, no? È così che ti chiama la tua ragazza.-
-Joy non è la mia
ragazza. Non ho una ragazza e Paul è solo un nome che uso. Ne ho usati così
tanti che non sono nemmeno più sicuro di quale sia quello vero. Io sono tutta
una finzione.-
-Davvero? Beh,
Paladin è così impersonale. Io ti chiamerò Paul.-
Ariel gli si avvicina e i loro corpi
si sfiorano.
-Pensavo…- dice lei
-… non credo che il tuo uomo verrà con questo tempo da lupi e io e te potremmo
impegnare il nostro tempo insieme dedicandoci ad attività più piacevoli, che ne
dici?-
-Che in un altro
momento avrei detto sì con entusiasmo ad un invito simile ma stanotte credo…-
Si interrompe di colpo. Non ha forse
udito un rumore? Si stacca dalla ragazza e si volge verso il retro del bungalow
ed ecco che vede sbucare una figura ammantellata e con una maschera che ricorda
un teschio.
-Continua, Paladin.-
dice -Sono curioso di sapere che avresti fatto con questa bella ragazza.-
-Papà?- esclama
Ariel.
-Ahimè, no, Miss
Tremmore.- replica l’intruso -Non sono suo padre e nemmeno il suo defunto
prozio.-
-Tu!-esclama
Paladin -Ora che ti vedo meglio non sei Mister Fear, tu sei Phantasm.-
-Non fingere di non
aver capito chi fossi.- ribatte l’altro -Lo so che la vera ragione per cui sei
venuto qui è per uccidermi.-
-Tu sei davvero
paranoico, Sutton, fino a un minuto fa non sapevo nemmeno che fossi vivo.-
-Mi hai preso per
un idiota?-
-Ora che me lo
chiedi, sì.-
-Chi è questo
tizio?- chiede Ariel -Perché ha un costume simile a quello di mio padre?-
-Si chiama Dennis
Sutton ma si faceva chiamare Phantasm. Un incidente nucleare lo ha mutato
dandogli il potere di bruciare le cose col suo tocco e altre piacevolezze. Anni
fa ho protetto la sua ragazza da lui. Si era fabbricato un costume con gli
scarti altrui. Scarsa fantasia.-
-Non prendermi in
giro.- esclama Phantasm -Ora che non hai con te i tuoi gadget, nulla mi
impedirà di ucciderti.-
Prima che possa dire altro si ode un
forte schianto e qualcosa infrange la finestra. Paladin ha appena il tempo di
spingere a terra se stesso e Ariel evitando che il fusto di un albero li colga
in pieno.
-Ma cosa…?- esclama
la ragazza.
-L’uragano.- è la
secca risposta di Paladin.
Questa è la parte che odia di più di
tutta la recita che deve fare, pensa Nina McCabe, alias Belinda Swann, alias
Cigno Nero mentre entra nella stanza di Philippe Bazin sforzandosi di ignorare
le mani dell’uomo sui suoi fianchi e più in basso. Per fortuna tra poco sarà
finita.
Lascia che lui le abbassi la lampo e
l’aiuti a far cadere il vestito e non dice nulla mentre lui la squadra con
sguardo ammirato.
-Bene, bene-
commenta Bazin cominciando a spogliarsi a sua volta.
-Soddisfatto della
merce?- chiede lei.
-Molto direi.-
Si sente rilassato, pensa Nina, e
perché non dovrebbe? È in compagnia di una bella ragazza ed è evidente che lei non
nasconde un’arma. Povero sciocco, io stessa sono un’arma e lo capirai a tue
spese tra poco ma sarà troppo tardi.
Improvvisamente la porta finestra si
spalanca spinta dal vento e la pioggia entra, poi il lampadario si stacca e cade
a terra. La stanza piomba nel buio.
-Ma cosa succede?-
esclama Bazin.
L’uragano è arrivato.
5.
Vento e pioggia
impetuosi e violenti che spazzano via ogni cosa che incontrano si abbattono
sulla piccola isola e su quelle vicine. È come se un dio arrabbiato avesse
deciso di sfogare la sua ira in un colpo solo scatenando gli elementi alla loro
massima potenza. I fulmini si susseguono l’un l’altro, onde alte come palazzi
si abbattono sulle spiagge, alberi vecchi di decenni sono sradicati come se
fossero fili d’erba, natanti della stazza di uno yacht da diporto sono
rovesciati come gusci di noce. Non c’è fine alla devastazione.
Dalla veranda del locale notturno
dove si trova Joy Meachum vede la grande onda avanzare verso la costruzione
travolgendo ogni cosa che incontra. Non può che fuggire assieme agli altri, ma
dove?
Alle sue spalle sente una vetrata
infrangersi. Minuscoli frammenti di vetro le pungono la pelle, poi l’acqua la
travolge.
Non è possibile, pensa Nina McCabe
mentre il bungalow dove si trova oscilla come strizzato da una gigantesca mano
invisibile, poi le pareti si accartocciano su se stesse e vento e acqua
irrompono con furia selvaggia.
Un
attimo e la ragazza viene trascinata via. Le pare di udire un urlo da parte di
Philippe Bazin ma non può esserne certa e del resto non può curarsene. Deve
pènsare a restare viva.
Paladin
afferra Ariel per un polso.
-Dobbiamo uscire di
qui.- le dice.
-Per andare dove?-
ribatte lei. Dalla sua voce è chiaro che sta per cedere al panico.
Che risposte può darle Paladin
quando lui stesso non ne ha?
-Non andrai da
nessuna parte.-
A parlare è stato Phantasm che
protende verso di lui le sue mani che brillano di una luce verdastra. Non deve
farsi toccare.
Un
attimo dopo la parete alle sue spalle crolla di schianto e un’onda lo travolge.
L’ultima cosa che sente è la voce di Ariel che urla poi il buio lo avvolge.
CONTINUA
NOTE
DELL’AUTORE
Davvero pochissimo
da dire su questo episodio e quindi non perdiamo tempo:
1)
Phantasm è un personaggio creato da
Don McGregor & Tom Sutton per una storia apparsa Marvel Premiere #43 datato
agosto 1978 ed apparso solo in quell’occasione. Il suo cognome è un evidente
omaggio al disegnatore che lo ha creato.
2)
Parnival Plunder, alias il
Saccheggiatore, è stato creato da Stan Lee & John Romita Sr. su Daredevil
Vol. 1° #12 datato gennaio 1966.
3)
Philippe Bazin è stato creato da Danny
Fingeroth e Mike Manley su Darkhawk #1 datato marzo 1991.
Nel
prossimo episodio: quando la natura si scatena viene fuori anche il peggio ed
il meglio degli esseri umani. Non mancate.
Carlo